FORMAZIONE CONTINUA, CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE e CONTRATTUALISTICA. Appunti per la discussione di Claudia Montedoro

Siamo particolarmente grati alla dott. Claudia Montedoro per aver voluto condividere con la nostra rete alcune riflessioni che riteniamo di importanza fondamentale per lo sviluppo della formazione continua in Italia. Esse affrontano infatti un nodo centrale e ad oggi non risolto che riguarda la difficile triangolazione tra valutazione, certificazione e contrattualistica. È dunque con piacere che pubblichiamo integralmente il suo contributo.

La Dott.ssa Montedoro è stata responsabile scientifico del Dipartimento Sistemi Formativi dell’ISFOL/INAPP. Ha maturato una lunga esperienza di cooperazione internazionale nel campo della costruzione della democrazia nei Paesi del Sud-Est asiatico e in quelli in via di sviluppo ed è stata docente a contratto presso l’Università di Roma Tre e di Padova. È anche autrice e curatrice di numerose pubblicazioni in ambito nazionale e europeo. Nel 2011 è stata insignita del “Premio AIF per lo sviluppo della Formazione”.

 

A partire dai primi anni del 2000 inizia a declinarsi il trinomio tra Formazione continua, Certificazione delle competenze e Contrattualistica la cui composizione va attribuita all’accelerazione impressa a questa realtà dal Trattato di “Lisbona 2000 “, dalla istituzione dei Fondi Interprofessionali, dalla approvazione delle Competenze di cittadinanza. Ma solo nel 2020/2021 si chiude il cerchio con il contratto dei metalmeccanici che riconosce la competenza professionale e la sua certificazione come condizione per i passaggi di livello e di inquadramento professionale (cfr A. Cocozza, Seminario Roma tre, Fondimpresa, Soges, Gennaio 2022).

L’interesse per il tema è duplice:

-da una parte, la certificazione delle competenze è considerata un volano per lo sviluppo e la riforma delle politiche attive del lavoro che garantiscano la concreta possibilità di passaggio tra diversi sistemi (istruzione, formazione e lavoro);

-dall’altra parte, riconoscere valore contrattuale al sistema di certificazione delle competenze significa superare lo storico disallineamento (che risale al secondo dopoguerra) tra il sistema delle qualificazioni e l’inquadramento contrattuale.

Nel secondo dopoguerra, infatti, le parti sociali congiuntamente preferirono dare priorità allo sviluppo dell’occupazione piuttosto che al riconoscimento delle qualifiche, svincolando la certificazione delle qualifiche dagli inquadramenti contrattuali. Il timore che si manifestò nelle parti sociali era che il riconoscimento del valore contrattuale al sistema di formazione e qualificazione professionale avrebbe potuto creare pesanti vincoli al sistema delle imprese scoraggiandole dal creare nuova occupazione in una situazione socioeconomica gravemente compromessa dalla guerra. (cfr. M. Pellerey, QdF Isfol 1982). A differenza della Germania e di altri Paesi europei, in Italia al sistema di qualificazione professionale dunque fu riconosciuto solo valore formativo.

Questa situazione si è protratta fino ai nostri giorni.

Il sindacato e le parti sociali nel loro insieme assumono, da questo punto di vista, un ruolo decisivo per il decollo della formazione continua nel quadro del riconoscimento delle certificazioni delle competenze cui assegnare non solo valore formativo ma anche contrattuale.

La necessità di superare il profondo deficit strutturale che da sempre e fin dalla sua fondazione ha accompagnato il (mancato) decollo della formazione continua e permanente degli adulti in Italia ( cfr E. Proietti, 2022; Capogna … Analisi SWOT della FC… 2022 ) è  testimoniata, se ancora ce ne fosse bisogno, sia  dalla difficoltà  degli interventi formativi  di configurarsi in una logica di sistema, che dalla ridotta partecipazione dei lavoratori alla formazione.

Di questo mancato sviluppo ne sono testimoni i dati che confermano come in Italia la formazione continua cresca più lentamente che nel resto dell’UE (cfr. Proietti 2022, Adapt, bollettino 21/22 et alii..).

Anche i programmi di formazione continua compresi  nel PNRR  ( cfr Fondazione G. G. Brodolini / CNEL audizione 7/10/2021 ) o nella Garanzia Occupabilità Lavoratori ( Programma GOL ) o ancora nel Piano Nazionale Nuove Competenze che tentano di sviluppare interventi di formazione continua in una logica di sistema molto più ampia delle  singole e frammentate iniziative formative, non risolvono il problema del riconoscimento contrattuale della formazione e quindi non garantiscono un ancoraggio effettivo della formazione e della sua certificazione  alle culture professionali nei contesti di lavoro.

Una agenda mirata per la formazione continua non può che partire da un quadro organico di misure che incentivino la partecipazione dei lavoratori alla formazione collegando la certificazione delle competenze agli inquadramenti contrattuali per livelli di professionalità.

Un esempio significativo in questa direzione è sicuramente rappresentato dal contratto dei metalmeccanici che aggancia  i livelli di inquadramento  professionale alla certificazione delle competenze declinate secondo 6 criteri di competenze professionali ( cfr P. Serreri 2022 ).

Il contratto dei metalmeccanici inserito nell’Archivio Banca Dati del CNEL può costituire una prima base di riflessione da cui partire per realizzare un’analisi qualitativa dei contratti collettivi di lavoro sul tema della formazione continua, certificazione delle competenze e livelli di inquadramento.

Come è noto il Cnel ha tra le sue finalità istituzionali quella di archiviare i contratti collettivi di lavoro sia del settore pubblico che privato.

Recentemente questa finalità è stata potenziata grazie ad un accordo di cooperazione interistituzionale siglato dal Cnel e dall’INPS che, allineando i codici di classificazione alfanumerici ai contratti presenti nei data base dei due Istituti, ha riordinato, armonizzandolo, l’Archivio dei contratti presenti nel data base Cnel (cfr. Cnel, Tavolo di lavoro relazioni industriali sui contratti).

Inoltre, grazie alla revisione e alla condivisione dei criteri di classificazione si è creata una anagrafe comune per settori contrattuali, chiara ed univoca (cfr. Cnel, Rapporto sul mercato del lavoro e contrattazione collettiva 2017/2018   Cnel, 2018).

L’archivio permette di estrarre preziose informazioni qualitative sulle dinamiche della contrattazione collettiva di livello nazionale e aziendale e esse costituiscono un patrimonio informativo che, se adeguatamente gestito, può contribuire a rafforzare scelte di policy rispondendo a bisogni sociali non soddisfatti dal sistema pubblico.

Si propone pertanto la partecipazione al tavolo di lavoro istituito presso il Cnel in cui, oltre all’analisi di elementi chiave quali, ad esempio, salario, orario di lavoro, nuovi modelli di welfare, modelli di organizzazione del lavoro, si introduca lo studio di nuovi ambiti di riflessione quali la formazione continua e il rapporto tra certificazione delle competenze e livelli di inquadramento contrattuali.”