Nuovi approcci alle competenze nelle transizioni al lavoro e nel lavoro nella terza rivoluzione industriale

di Claudia Montedoro

Il paradigma della complessità connota le trasformazioni che caratterizzano il Paese, l’economia, il mercato del lavoro con importanti ricadute sulla natura del lavoro, delle professioni e delle competenze richieste dalle organizzazioni. Del resto il ruolo strategico svolto dalla life long learning nel supportare i mutamenti della società post-industriale è ampiamente riconosciuto e carica di nuovi significati il mondo dell’education.

Nella knowledge society due aspetti appaiono fondamentali per lo sviluppo della conoscenza e della società nel suo insieme: l’innovazione dei prodotti e dei servizi e l’ampliamento delle competenze. Sono questi due aspetti che, più di altri, segnano la distanza e il rovesciamento di prospettiva della società post industriale[1].

In questa angolatura di pensiero si colloca il presente contributo che focalizza l’attenzione sull’evoluzione del concetto di competenza quale caposaldo dello sviluppo delle risorse umane delle organizzazioni post – industriali. Il Paese, pur presentando un’offerta di servizi di education molto articolata, si sta dotando di nuovi modelli di formazione che meglio rispondono ai bisogni di upskilling e reskilling espressi dai soggetti e dalle organizzazioni.

Si tratta di  soggetti, di lavoratori che necessitano di interventi formativi non solo volti all’aggiornamento di competenze tecnico /professionali, ad esempio in tema di sostenibilità ambientale, o trasversali  (informatica, competenze digitali ecc..) ma anche  allo sviluppo di life e soft skill (relazionali, di team buildings, di leadership ) che fungano da agenti dell’innovazione e che si configurino quali nuovi capisaldi dello sviluppo delle Risorse Umane nel corso della terza rivoluzione industriale che attraversa il Paese[2].

Questi ultimi processi di qualification design si basano, rispetto al passato, sulla messa a fuoco di obiettivi di apprendimento più idonei a rispondere allo sviluppo e alla valorizzazione delle risorse umane e alla nuova struttura delle professioni in conseguenza della rivoluzione industriale provocata dalle tecnologie digitali.

In virtù di questi cambiamenti si richiede ai lavoratori l’esercizio di competenze che potremmo definire strategiche[3] e che si configurano nella capacità propria di ogni individuo di adattarsi e riadattarsi alle dinamiche evolutive del contesto in cui vive, a partire dall’ambiente di vita e di lavoro.

Per comprendere pienamente la portata dei cambiamenti in atto, è necessario abbandonare l’idea di stabilità, adottando un criterio di interpretazione del mondo socio-economico basato sul concetto di mutamento inteso come variazione qualitativa e non solo di tipo quantitativo della realtà di riferimento.

Si sperimentano nuove forme di lavori flessibili, orientati all’innovazione tecnologica ma anche al rispetto di nuove esigenze e aspettative di carattere personale[4]. L’impresa non è più considerata un luogo di produzione governato da principi burocratici e da rigide regole predefinite e la cui gerarchia costituisce l’asset fondamentale di riferimento organizzativo, bensì è intesa quale organismo intelligente, soggetto a estrema complessità, imprevedibilità e indeterminatezza.

I mutamenti sono così rapidi e le interdipendenze che si creano tra i diversi elementi che agiscono nei contesti di vita e di lavoro sono cosi imprevedibili che non sempre gli studiosi sono in grado di assegnare significati univoci ai cambiamenti impressi dalle innovazioni in corso in ambito scientifico, tecnologico ed organizzativo. Basti guardare, ad esempio, agli organigrammi aziendali di oggi rispetto a quelli del recente passato, per non parlare delle denominazioni dei lavori e della struttura delle professioni per comprendere la complessità, le interconnessioni e le interdipendenze delle variabili in gioco e da tenere sotto controllo prima di trovare “la” soluzione ottimale o quella che più si avvicina ai risultati ricercati.

Per queste ragioni, i contributi della nuova sociologia economica sottolineano come i fattori di tipo immateriale svolgano un ruolo strategico nella configurazione dei sistemi socio-organizzativi per lo meno altrettanto importante rispetto a quello svolto dai tradizionali fattori materiali, quali gli impianti, le infrastrutture, le tecnologie, il capitale finanziario[5].

In questa prospettiva il concetto di competenza come sviluppo di soft  power, ha una rilevanza centrale e l’attenzione si sposta dallo sviluppo della triade “ sapere, saper fare, saper essere”, al più recente costrutto “competenza tecnico/professionale, competenza trasversale, competenza relazionale” fino al concetto di metacompetenza o competenza strategica, intesa come capacità di adattarsi, da parte degli individui, alle dinamiche evolutive del sistema ambientale e relazionale di riferimento, trasformando continuamente i modelli di conoscenza e di azione.

Tale performance di ordine superiore rispetto al concetto di competenza è invece garantita dalla metacompetenza, costrutto strategico grazie al quale si generano interconnessioni che coinvolgono la capacità di apprendere, di sviluppare giudizi, di valutare situazioni, di costruire relazioni utili al compimento del lavoro superando organigrammi e rigide strutture organizzative.

Ne consegue  il  cambiamento e la riformulazione  del quadro di riferimento organizzativo, quadro  in cui si richiede ai lavoratori di essere cittadini “partecipants”, di imparare a prendere parte ai processi lavorativi ma anche di individuare le diverse leve di intervento a disposizione dei contesti organizzativi e delle imprese (contrattualistica, nuove forme di welfare aziendale, smart working), di creare e di valorizzare programmi di intelligenza collettiva, di costruire reti che fungano da agenti del cambiamento, di promozione e di valorizzazione della cultura della diversità.

Si tratta di competenze che hanno la dimensione della trasversalità e che potremmo definire, secondo Serreri, “competenze invisibili” e sono intese come l’insieme degli elementi intangibili che concorrono a orientare la condotta sul lavoro e nella vita[6]. Ci si riferisce quindi a una recente definizione di “competenze invisibili”, assimilabile al costrutto di competenze strategiche o metacompetenze, che non sono misurabili con gli strumenti impiegati per la valutazione di competenze tecnico-professionali e/o trasversali e la cui acquisizione e sviluppo si realizzano in percorsi in cui si mescolano continuamente le situazioni della vita e del lavoro.

Il perseguimento di tale flessibilità, soprattutto in termini di capacità di adattamento e partecipazione attiva ai rapidi e continui percorsi di cambiamento  richiedono di  perseguire nel contempo soluzioni a problemi di efficienza, efficacia ed equità e necessitano il possesso per tutti i lavoratori  di “metacompetenze” perché tali apprendimenti devono consentire non solo di non peggiorare ma soprattutto di migliorare i risultati dell’impiego delle risorse umane nel contesto ambientale  di vita e di lavoro.

Si tratta dunque di pervenire a un sistema di riferimento in grado di cogliere la natura intrecciata e interconnessa dell’apprendimento, ma anche di analizzare e diagnosticare le interdipendenze tra i vari contesti. La natura dinamica di questo sistema risiede nella sua costante tensione all’aggiornamento secondo la dimensione life long learning.

La riflessione che proponiamo si colloca all’interno del quadro tecnico /metodologico nel quale il sistema dell’apprendimento permanente[7] accompagna i processi di qualification design in relazione ai bisogni di competenze espressi dal mercato del lavoro. Ciò implica il dominio dei metodi per indagare le esigenze emergenti individuando gli obiettivi di apprendimento più idonei per rispondere ad esse.


 

[1] Montedoro C., Pepe D., La riflessività nella formazione. Modelli e metodi. Isfol, Roma 2007

[2] A. Cocozza (a cura di), Persone, organizzazioni, lavori. Esperienze innovative di comunicazione d’impresa e valorizzazione delle risorse umane, Milano, Franco Angeli, 2010, P. Serreri, Competenze invisibili e lavoro. Metodi e strumenti per l’orientamento e lo sviluppo delle Risorse Umane, Milano, Ledizioni, 2021)

[3] Isfol, “Apprendimento di competenze strategiche. L’innovazione dei processi formativi “Strumenti e ricerche, Milano, Franco Angeli, 2004

[4] A Cocozza cit.

[5] A. Cocozza, “L’agire inatteso. etica, razionalità e competenze “Milano, Franco Angeli, 2020

[6] P. Serreri, cit.

[7] Rapporto INAPP 2022